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21 febbraio 2015 / miglieruolo

Cento e Cento Locuzioni del dialetto Grotterese (Bofia)

Per nostalgia e anche per necessità. Per non perdere del tutto la propria identità, le radici e il ricordo di un mondo di povertà estrema ma di civiltà infinitamente superiore. Per quanto negativi determinati valori presenti in essa aveva il merito di non essere fondato tutto sull’apparenza, sul danaro e sulla finzione.

Mauro Antonio Miglieruolo alias Mauro Antonio Migliaruolo, alias Mauro Antonio Migliarnolo  (Grotteria, 06 aprile 1942, alias 10 aprile 1942): alias Milland

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Vista panoramica. Non ci si lasci ingannare dalle dimensioni. Il paese è ridotto al lumicino, conterà al massimo, nel centro storico, tre o quattrocento persone. Ne avea quasi undicimila nel 1945
Vista panoramica. Non ci si lasci ingannare dalle dimensioni. Il paese è ridotto al lumicino, conterà al massimo, nel centro storico, tre o quattrocento persone. Ne avea quasi undicimila nel 1945

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ARRASSUSIA, pronunciato tutto attaccato, equivale a una sorta di “lontano da me” fuso con “vade retro satana!”. Si dice nell’occasione riferita di una disgrazia, malattia grave, o possibile disonore. Tradotto letteralmente sarebbe: sia indietro!

BONTATUSU, si dice di persona buona, d’animo gentile, disponibile. Dei calabresi mia moglie, dopo averli conosciuti, una volta ebbe a dire, meravigliata, che o erano cattivi in modo esorbitante o infinitamente buoni. Fatta la debita tara degli ‘ndranghitisti, la seconda categoria è la più diffusa.

CUMBOJJHIA, coperte. Nel dialetto ha senso avvolgente, protettivo. Si declina sempre al plurale.

DINOCCHIU, ginocchio. Si declina ordinariamente al plurale. Tipo: mi fannu mali i dinocchia.

ESTARU, estero. In andare all’estero o venire dall’estero.

FOLIA, nido. Si usa anche per significare il sesso femminile.

GARGIA, bocca grande. Specialmente in “gargia i pizzata”, bocca esageratamente grande. Ma anche per significare un volume di voce alto. O una/uno che parla troppo (vedi anche PARLETTERA, seconda puntata della serie, il 24 del corrente mese).

HÌ!, esclamazione di valore variabile. Personalmente lo ricordo legato a “viti! viti!”. Oppure anche all’espresione “ch’esagerazioni!”.

LATRI,  ladri. Epiteto con cui i vecchi ‘ndranghitisti gratificano quelli della nuova leva. Naturalmente loro erano uomini d’onore, non criminali qualsiasi. Si credevano ed erano creduti tali. Capitava anche emergessero in mezzo a loro figure tradizionali dotate di una certa dignità e compostezza. Se si tolgono gli orpelli la cosiddetta “nobiltà d’arme” mediovale, quella dei cavalieri “senza macchia e senza paura”, ideologia dei depreadatori d’antan, corrispondeva esattamente a queste ormai tramontate figure a capo delle ‘ndrine.

MARRUGIU, spranga. Si usa anche per significare il sesso virile.

NUIU, nessuno.

OJJHIU, olio.

PRAPTAPRILLI, capricci, bazzecole, pretenziosità.

QUOTRARA/QUOTRARU, ragazza/ragazzo. Adolescente.

RRAGGIA, rabbia, in senso forte. Esempio: ndì ndaiu rraggia! cioé Sono arrabbiatissimo

STRUGGIRI, distruggere.

U, u, desinenza perenne del dialetto, sostituisce vari articoli. Esempi (lo e il) “u vidisti?” (lo hai visto)  “u Curtu” (il corto) “vinni u cumpari?” (è venuto il compare?) ecc.

VAVUSU, bavoso. Si dice anche per uomo da niente, senza spina dorsale, inaffidabile.

ZUMBAJA, bernoccoli. Molto usato nella locuzione “Zumbaja zumbaja” per dire di uno pieno di bernoccoli.

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